I misteri di Hidden Water – XLIII

Salve, lettori del Diario,

Katerine e gli spiriti di Sarah e Josh Hartigan sono arrivati al liceo dopo lo strano incontro per strada.

Sono pronti a tendere la loro trappola a John Ward, il maschio alfa della squadra di basket che si crede un fine conquistatore di cuori.

Riusciranno nel loro intento? O dovranno inventarsi qualcos’altro?

Buona lettura,

Il Viandante Nero

PS: Se siete appena approdati sul Diario e volete leggere la storia dall’inizio, trovate il prologo QUI.

Capitolo 43 – Trappola piazzata

Katerine percorse i corridoi della scuola sentendosi addosso gli occhi di tutti.

Che diavolo mi è venuto in mente di vestirmi in questo modo!

Lei e Sarah avevano scelto un abbigliamento elegante e un po’ provocante per attirare le attenzioni di John Ward, ma a quanto pareva l’effetto si stava estendendo a tutti quanti.

Per un paio di secondi, la ragazzina schiva e sempre vestita in modo da risultare invisibile si chiese se, per caso, non fosse quella la sua vera natura: una creatura bellissima che si era sempre nascosta, un po’ come il brutto anatroccolo di Andersen.

Oppure sono talmente orribile da risultare grottesca e tra poco tutti rideranno di me…

“Tranquilla Katerine: pensano tutti che tu ti sia fatta bella per John.”

Il commento di Sarah la colse talmente impreparata che, per una frazione di secondo, fu sul punto di voltarsi a guardare lo spirito e chiederle cosa intendesse.

Riuscì a dissimulare il breve sussulto sistemandosi meglio i quaderni in mano, come se le stessero per scivolare. Mentre si dirigeva all’aula della prima lezione, sicura che nessuno potesse credere che stava parlando apparentemente al nulla, chiese:

“Che intendi dire?”

“Ho fatto un breve salto in bagno. Sapevo che le mie vecchie compagne si sarebbero date appuntamento lì ed erano tutte in fibrillazione. A quanto pare, Ward non ha tenuto nascosto il vostro appuntamento di ieri, anzi l’ha detto praticamente a chiunque.”

Katerine emise un gemito di disappunto: chissà che razza di versione della storia aveva messo in giro quel pallone gonfiato!

“Parli del diavolo…”

La ragazza, richiamata dalla voce dell’amica trapassata, alzò gli occhi e vide il suo obbiettivo: John Ward era proprio fuori dall’aula dove aveva lezione alla prima ora, le spalle appoggiate contro lo stipite della porta e le braccia incrociate sulla felpa della squadra del liceo n atteggiamento da grande atleta.

Era circondato dai suoi compagni di squadra e da qualche ragazza. mentre parlava con tutti con un largo sorriso smagliante, che sembrò allargarsi ulteriormente quando la vide.

“Cooper, ti stavo aspettando!” esordì, muovendosi rapido vicino a lei e circondandole le spalle con un braccio, “Ho una proposta per te: ti va di pranzare assieme?”

Certo, e nemmeno un complimento su come sono vestita, vero? Ah, ma io devo essere onorata del tuo invito, che scema.

“È talmente pieno di sé che mi viene da vomitare. È un bene che io non abbia più lo stomaco!”

Nonostante tutto, Katerine non poté non ridere di fronte al commento acido di Sarah, che rifletteva pienamente i suoi stessi pensieri.

Quando si calmò a sufficienza, notò che ora John la guardava confuso, un lieve velo di sudore a imperlargli la fronte sotto ai capelli gellati, in attesa di chissà che.

Le ci volle un attimo nel realizzare che non aveva risposto, perciò si affrettò a dire:

“Ma certo! Anzi, avrei anche una proposta per te nel pomeriggio, se sei libero.”

“Un giro sulle Raggeds? Ma certo che mi va! Pensa che una volta io e alcuni miei compagni…”

La voce di quel tronfio egocentrico di Ward sembrò diminuire di volume fin quasi a svanire, come il brusio di sottofondo di un vecchio televisore senza segnale.

Katerine non aveva alcuna intenzione di sorbirsi l’ennesimo racconto delle entusiasmanti imprese di John Ward, quindi si limitò ad annuire di quando in quando per fingere di stare ascoltando quel monologo senza senso, concentrandosi sul piatto che aveva davanti e cercando di pianificare le sue prossime mosse.

La trappola che aveva escogitato con Sarah era stata piazzata ed era scattata, ora restava da condurre quel dannato pallone gonfiato alla grotta che gli aveva descritto Hartigan e fargli ritrovare il cadavere.

E poi sperare che questo non gonfiasse ulteriormente il suo già enorme stramaledettissimo ego.

Potrei essere fortunata, pensò malignamente, Potrebbe svenire come una ragazzina e potrei filmarlo e poi metterlo in ridicolo di fronte a tutti…

“Ma quanto parla questo bamboccio?”

La voce cupa e rude di Josh Hartigan la strappò dai suoi sogni ad occhi aperti, riportandola al presente.

Lo spirito del vecchio si era seduto vicino al ragazzo, che continuava a gesticolare e a sproloquiare praticamente da solo, iniziando a fissarlo con aria severa.

“Uno potrebbe pensare che un adolescente di fronte ad una ragazza così carina dovrebbe perdere il dono della parola.” Commentò, “Invece non fa altro che parlare di sé stesso. Il Signore ci scampi: se tutti i giovani sono così, povero mondo!”

Katerine arrossì per il velato complimento dell’uomo, mentre Sarah, che aveva preso posto vicino all’amica, rincarò la dose:

“La cosa più assurda è che in molte ragazze gli muoiono dietro e conosco almeno un paio con cui è uscito che non vedrebbero l’ora di avere un altro appuntamento, anche se non ne capisco il motivo.”

“Non chiederlo a me.” Replicò Hartigan grattandosi perplesso il mento e guardandosi attorno, “Personalmente faccio fatica a capire voi giovani. Ai miei tempi era tutto diverso. Non voglio dire migliore, solo diverso. Ora come ora mi sento fuori posto qui dentro come un dinosauro in mezzo a delle astronavi spaziali.”

“Non deve abbattersi così, signor Hartigan.” Disse Sarah sporgendosi verso di lui, “Lei ha una vita piena di esperienze. È un peccato che noi la trattassimo solo come un vecchio balordo.”

“Chiamami Josh. Mi sa che dovremo passare un po’ di tempo assieme, non farmi sentire più vecchio di quello che già mi sento…”

I due presero a discorrere del più e del meno, dimenticandosi di tutto.

Katerine si sorprese ad ascoltare i loro discorsi con un interesse decisamente superiore rispetto alle chiacchiere vuote di Ward, che ancora non aveva smesso di parlare.

Ad un certo punto, tuttavia, una frase detta dal signor Hartigan la colpì: dovremo passare un po’ di tempo assieme.

Si rese conto che i due spiriti avrebbero potuto vagare assieme ad Hidden Water per l’eternità, mentre prima o poi lei sarebbe morta.

Cosa sarebbe accaduto allora? Sarebbe divenuta un fantasma come loro? Sarebbe svanita nel nulla? O avrebbe fatto la fine dello spirito del vicesceriffo Sanderson, finito in chissà quale inferno?

“Allora Cooper? Ci vediamo all’uscita? O vuoi prima passare a cambiarti a casa?”

La domanda diretta la riportò a John Ward, che la guardava con il vassoio in mano, pronto a passare un entusiasmante pomeriggio giocando a basket, in attesa dell’ennesima risposta.

“Sì: direi che è meglio se mi cambio.” Disse, “Non mi sembra…”

“Ok, perfetto.” Tagliò corto lui, iniziando a muoversi, “Ci vediamo a casa tua alle quattro, non farmi aspettare!”

Sarah uscì con un’imprecazione poco signorile, a cui Hartigan aggiunse un non poco colorito commento sulla galanteria di certe persone.

Katerine non riuscì più a resistere: incurante di chi la potesse vedere e di cosa avrebbero pensato, abbassò la testa fin quasi a toccare il tavolo e scoppiò a ridere fino a farsi venire le lacrime.

(PRECEDENTE) – (CONTINUA)

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